Segugi & cani per pista di sangue
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Caratteristiche Tecniche del Segugio MaremmanoUn cane attuale, da sempre dei cacciatori della maremma Italiana |
Iscrizione ad una battuta in tipico paesaggio maremmano. |
La Maremma ha partorito questo cane, ed esso ha rispettato i criteri evolutivi genetici in conformità della sua configurazione geografica e del bosco. In questo contesto nasce e s’identifica il cane, oggi patrimonio di tutti, ma da non deve essere dimenticata la sua provenienza. Un cane che per esigenze e condizione di vita dei suoi possessori ha contribuito all’economia della famiglia contadina, pertanto usato per molte forme di caccia (volpe, martora, istrice, coniglio, lepre, cinghiale). Oggi il suo uso è orientato principalmente alla caccia al cinghiale. L’abbaio a fermo sul selvatico, è definito una dote che lo contraddistingue. Un segugio, a qualsiasi razza appartenga, deve essere completo per l’attività venatoria, pertanto dotato da madre natura delle doti canoniche della cerca, accostamento, abbaio a fermo (nel cinghiale) e seguita; ognuna di queste azioni deve essere espletata nel rispetto dello standard di lavoro alla razza d’appartenenza. Le prove di lavoro, compiute in terreno libero o in adeguati recinti, e giudicate da giudici preposti hanno lo scopo di verificare e certificare le loro attitudini. |
Gruppo di maremmani prima della battuta. |
La Cerca nel nostro cane è caratterizzata dal movimento veloce di presa del terreno, cacciando in bosco sfrutta l’emanazione lasciata dal selvatico (cinghiale) al suo passaggio, fiutando i rametti, i rovi, o quanto altro possa essergli utile per recepire l’usta lasciata per sfregamento sulla vegetazione. Un cane esperto scorre la pista con velocità senza dare l’impressione di fiutare, ma per lui è un percorso che ha ben chiaro nei suoi organi ricettivi della canna nasale. In questo è facilitato dalla sua struttura morfologica essendo l’altezza al garrese di media 50 centimetri, e una lunghezza del collo giustamente proporzionata, si trova ad avere a “portata” di naso il punto di contatto che il cinghiale cede nel passare alla vegetazione, condizione questa che induce attraverso l’elaborazione delle capacità d’intelletto ad emettere voce. Questa sua caratteristica induce taluni a additare il Maremmano come “abbaione” in alcuni casi o soggetti questo può essere, ma di solito questo abbaiare porta di conseguenza al covo o alla rimessa (lestra). Le sue capacità olfattive gli consentono in condizioni avverse di fiutare il terreno, specie nelle sciolte mattutine, in ogni modo sarà un’azione costante e continua senza troppi ritorni sul terreno percorso. Importante, nella fase della cerca, le condizioni del terreno (è questa una costante per tutte le forme di caccia) se umido, secco, bagnato per brina o lavato per pioggia notturna. Altro elemento che influisce è il vento: se dal Nord fresco nei mesi temperati, caldo e secco in quelli estivi, mentre da Sud, specie per i boschi prospicienti al mare dove l’azione del vento trasporta particelle saline e queste “catturano” maggiormente l’usta, si può avere una condizione favorevole,ma deleteria in caso di calura |
Coppia di maremmani tigrati. |
estiva. La voce nell’azione della cerca, appena sciolto, può essere esuberante con abbai dati sul terreno per l’entusiasmo d’essere libero, e consapevole di ciò che si appresta a compiere, ma passati i primi momenti, deve essere ponderata ed emessa soltanto su traccia sicura, con piccole pause, la dove viene meno l’usta, per poi riprendere ritmata e cadenzata. Nel recupero della traccia, a pausa avvenuta, oltre al buon naso conta molto l’intelligenza del soggetto che fa appello tramite la memoria, alla propria esperienza, muovendosi con circospezione fiutando zone dove sono maggiori le probabilità di ricongiungimento. Il timbro di voce non deve essere profondo (toni bassi), neppure ululante (segno questo d’influenze di soggetti stranieri in particolar modo Francesi) ma deve essere secco e deciso, pulito, squillante. Qualsiasi cane segugio specie se adibito al cinghiale è portato a lavorare in bosco, e spesso sfugge dalla vista del conduttore, l’emissione di voce, un riflesso incondizionato, è molto utile all’uomo, al cacciatore, poiché segnala e fa capire dove esso si trova e che cosa sta facendo così da permettere a quest’ultimo di avvicinarsi e “ servire” il cane, se necessario con incitamenti ed altro, talvolta in soggetti giovani, infondendo fiducia con la sua presenza. L’accostamento. |
Cinghiale in fuga su azione del cane. |
Il maremmano emette voce, e in bosco fitto di macchia mediterranea, dove il cinghiale si può “allestrare” (accovare) e avere una difesa, in breve si porterà all’abbaiare a fermo, mentre in altro ambiente (bosco d’alto fusto), dove le rimesse sono più difficoltose e povere di protezione, il cinghiale tenderà a scorrere cercando quella a lui più adatta e l’accostamento, recepita l’usta, si fa più lungo, laborioso, di solito sempre caratterizzato, per riflesso condizionato, dall’emissione vocale, che sarà continua e più accentuata nel ritmo quanto più è l’avvicinarsi al selvatico. Nella passata notturna, l’odore sarà più evanescente quanto più è distante l’accovatura in lestra, e l’avvicinamento può essere talvolta intervallato da pause con il variare del terreno. Il cane, diversamente, che si troverà su traccia di selvatico in movimento dovrà ricorrere alla sua esperienza, perché è vero che l’odore più forte gli permetterà una maggiore ricezione e velocità, ma la scaltrezza e l’istinto di sopravvivenza del selvatico, metterà a prova l’intelligenza e le capacità del maremmano. Nella cerca è stato enunciato come le condizioni ambientali possono influenzare il metodo. L’espressione, l’emissione di voce deve essere una regola per tutte le razze segugie. E’ questo il momento sublime nelle doti del segugio maremmano, il cane emetterà voce variandola da quell’emessa nelle fasi precedenti, il tono sarà più profondo e molto apprezzato allorché con ritmo, si produrrà in raddoppi. L’intelligenza, la sagacia ora si deve manifestare perché di fronte sta il nemico, le papille olfattive lo segnalano forte, è vicino ed agguerrito, talvolta pronto ad aggredire dove intravede la possibilità di colpire. Il continuo abbaiare con decisione e coraggio non devono essere indice di temerarietà. La voce deve essere emessa decisa ma consapevole, gli eventuali spostamenti fatti, debbono essere in funzione di quelli del selvatico, e non per timore, quando la voce è tremula, indecisa o mancante, indica una sudditanza, talvolta il ricordo di un incontro fatto in giovane età per un’affrettata volontà di un rapido dressaggio. Tra le razze di segugi è forse, il maremmano uno tra i migliori abbaiatori a fermo, con capacità di tener fronte ad uno o più selvatici a solo, tenendogli testa con la sua grinta, la costanza e caparbietà, che talvolta può essere di svariate ore, senza mai sosta alcuna, nell’attesa di un aiuto esterno, sia esso da parte del conduttore come di uno o più compagni che si ricongiungono. |
Maremmano tigrato nell'azione di abbaio a fermo su cinghiale. |
La Seguita Generalmente è un’azione questa provocata dall’uso di più soggetti che lavorando in muta si sono portati al cospetto del re del bosco, e con l’azione corale e l’incremento di coraggio dovuto al numero dei soggetti, inducono i o il cinghiale a muovere, andare in fuga, a cercare di disperdere l’incombente pericolo venutosi a creare. Di contro la muta percepisce sia con l’olfatto sia uditivamente, talvolta anche visivamente, l’allontanarsi del selvatico e di riflesso anch’essi muovano producendosi in una seguita o canizza. Il segugio maremmano anche in questa fase cambierà la voce, emettendo un suono squillante e continuo detto anche incalzante dietro alla preda che correrà in conformità del terreno, finche non si fermerà di nuovo trovando un fitto dove potersi difendere, per poi ripartire a seguito dell’azione dei cani. Nella seguita è noto che il cinghiale possa creare dei diversivi compiendo rapide e brusche direzioni di percorso (alcuni definiscono questi espedienti “gancio” o “ficchetto”), mettendo in fallo i cani che mantenendo la direzione perdono la traccia, con conseguente calo di voce. Il segugio maremmano da tanti definito “specializzato nella caccia al cinghiale”, con l’esperienza, il metodo, il fiuto, l’intelligenza, non ultimo il ritmo che produce nel correre in seguita sempre dando voce, facilitato anche dalla sua conformazione morfologica, riesce in breve a risolvere il fallo prodotto dal selvatico, perché e bene ricordarsi che più passa il tempo nella risoluzione, sempre più difficile sarà il ricongiungimento. Dotato di buona muscolatura, non appesantito dalla mole corporea poiché cane di media taglia produce una seguita pressante, in muta ha rispetto e crede nel “cane di testa” trascurando altri odori quando quest’ultimo emette voce. Un cane socievole affezionato e fedele a chi lo nutre ma soprattutto a chi lo conduce a caccia. |
Maremmano tigrato. |
Nota Genetica |
> Ritratti: Il Segugio Maremmano
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