Educazione & Addestramento
Educazione & Addestramento |
L'educazione precoce del cane da seguita Avete mai provato a richiamare un Segugio Italiano che "vola" verso l'orizzonte sulla traccia fresca della lepre, o un Segugio Maremmano che sta alle costole di un cinghiale? O il Dachsbracke che tutto appassionato insegue il capriolo? L'avete provato? Senza successo, vero? L'ebbrezza della felicità causata dagli ormoni |
Segugio Italiano a caccia di lepre. (Foto: Sabine Middelhaufe) |
Ora, si potrebbe dire: meraviglioso! Se la caccia procura così tanto piacere al cane ed è per giunta autogratificante basta sganciarlo e egli farà di sua volontà esattamente ciò che il cacciatore si aspetta, vale a dire aiutarlo a far carniere. Errore. Per non pochi cani da seguita l'inseguimento, ad esempio, del capriolo che per insegnamento del suo conduttore non dovrebbe inseguire, offre la stesse ebbrezza di felicità come la cerca del selvatico di cui è avido il padrone. E tanti conduttori possono raccontare del segugio che appena sente l'emanazione del capriolo lascia la via della virtù, correndo per ore e ore dietro la selvaggina "sbagliata" piuttosto che dietro il cinghiale o la lepre desiderata dall'uomo. E' vero che numerose razze, tramite la selezione, sono "pre-programmate" per la caccia a una determinata preda, ma se questa, nel momento decisivo, è assente e al cane inesperto sale al naso l'emanazione allettante di una altra specie selvatica? Aspettiamo seriamente che la disdegni, solo perché il suo proprietario non vuole cacciare quell'altra specie?? Niente fa più felici che la felicità, e una volta che il cervello canino ha creato un legame fra l'ebbrezza e un determinato odore, molto probabilmente siamo davanti ad un problema serio. Certo che il segugio da lepre caccerà pure la lepre, il Maremmano i cinghiali, ma dall'esperienza, ormai, conosce anche un alternativa sommamente attraente se il selvatico "pre-programmato" dovesse mancare o se la cerca e l'inseguimento dovesse risultare troppo faticoso. |
La caccia al capriolo, di solito, è tabu per il cane da seguita in Italia. (Foto: Engelbert Braun) |
Quando il cane "drogato" agisce in modo suicida I primi mesi di vita sono decisivi |
Prima che il giovane cane sia realmente in grado di cacciare un selvatico deve sviluppare una serie di caratteristiche e capacità |
L'aspetto più ovvio è forse la maturazione fisica: chi non è capace di correre e muoversi velocemente, abilmente e tenacemente, non può sperare di fare carniere. Ma per poter riconoscere come tale lo stimolo che causa la spinta alla cerca e all'inseguimento, i sensi, e soprattutto il senso olfattivo, devono essere capaci di percezioni differenziati e deve rendere anche il cervello che processa queste percezioni per poi ordinare determinate reazioni e maniere d'agire. Solo che tutto questo da solo non servirebbe a niente finché mancano le premesse mentali e psichiche, vale a dire, fra l'altro, l'equilibrio necessario fra curiosità e cautela, sufficiente sicurezza di sé per osare di entrare nella "terra inesplorata", di allontanarsi un bel pezzo dalla persona di riferimento (quindi il padrone) e di essere generalmente capace di elaborare l'enorme alluvione di stimoli ed informazioni che allagano il cervello del cucciolo quando corre per 200 m dietro la lepre che si è alzata in fuga. Per noi sembra una quisquilia, per il giovane cane è un evento incisivo. Per garantire uno sviluppo sano, madre natura ha fatto sì che corpo, mente e psiche del cucciolo si dispieghino pian piano e in ordine sensato. Quando è raggiunto un determinato livello di sviluppo questo viene utilizzato abbondantemente creando così le necessarie premesse per la fase di sviluppo successiva. Però, questo significa anche che per mancanza di certe esperienze d'apprendimento si formano delle lacune che non possono più essere riempite in un secondo momento e, peggio ancora, che aggravano o rendono del tutto impossibile la formazione completa dei livelli di sviluppo seguenti. Si può immaginare il processo come la costruzione di una casa: se già nelle fondamenta mancano metri di cemento armato qui e là, logicamente non si può posare mattoni su questi posti vacanti e quanto si tenta di nascondere questi difetti dietro una facciata carina, non si ottenerà mai una casa stabile e sicura. Eppure, per noi lo sviluppo a fasi del cane, e nel nostro contesto soprattutto lo sviluppo dell'istinto di caccia, porta ad un vantaggio enorme: tanto tempo prima che potrebbe "drogarsi" con i piaceri della caccia reale abbiamo l'opportunità di influenzare che cosa e come caccerà un domani. Come già detto prima, l'istinto di caccia come tale è già riconoscibile molto presto, ma prima che procuri al cucciolone la prima vera ebbrezza passeranno alcuni mesi e di questi mesi dobbiamo fare buon uso. |
L'istinto di caccia come tale è già riconoscibile molto presto, ma prima che procuri ad un cucciolo come questo Dachsbracke la |
La preparazione del cane da lepre Iniziamo con l'esempio di un segugio per la caccia alla lepre. Andiamo a prendere il piccolo a 8 settimane dall'allevatore, nei giorni successivi ci occupiamo tanto di lui tramite il gioco e il contatto fisico, per fare sì che si abitui bene alla nuova vita e a noi. A partire della 10° settimana cominciamo già a portarcelo dietro per brevi escursioni in un ambiente naturale. Quando, dopo qualche giorno, segnala con il suo comportamento di sentirsi bene e sicuro lì fuori con noi, prepariamo la prima traccia trascinata con la pelle della lepre (abbattuta durante la precedente stagione di caccia, si intende, e appositamente conservata con sale o messa nel freezer per l'occasione e ora usata scongelata e ben asciugata). Questo primo incontro con la sua futura preda deve essere per il cucciolo un vissuto veramente piacevole, per cui non lo forziamo troppo sulla traccia, certamente non lo rimproveriamo mai se sbaglia, e quando alla fine arriva alla pelle lo lasciamo senz'altro scuoterla un po' e chiaramente facendogli tante feste e dandogli un piccolo premio. Le tracce trascinate saranno ripetute 3-4 volte la settimana senza mai dimenticarci di lodare e premiare il cane. A questo punto non è importante che il cucciolo arrivi alla meta molto velocemente e abilmente, ma è importante che cercare la pelle di lepre gli dia un immensa soddisfazione. Lepre = felicità, deve essere la sua associazione. Che poi è il suo padrone che lo porti all'inizio traccia e generalmente fa possibile questo godimento crea nel cane un forte legame e grande fiducia in lui. Successivamente integriamo le tracce con i primi contatti controllati col selvatico vivo, portando il piccolo in una zona popolata di lepri, cosicché possa conoscere gli odori della pista fresca, del giaciglio e delle feci. Se abbiamo la fortuna di incontrare una lepre incoraggiamo il cucciolo a rincorrerla pure per un po'. |
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A parte l'esperienza "cercare la lepre è totalmente emozionante!" il cucciolo, naturalmente, deve anche imparare che le altre specie selvatiche non hanno significato per lui (e il padrone). Allora, andremo col cucciolo al guinzaglio al margine del bosco o nei campi quando i caprioli sono là a brucare. La nostra presenza, prima o poi, li farà scappare, ma noi proseguiremo come se niente fosse. Il giovane Segugio deve vedere sfuggire i capriolo, può anche annusare le loro feci o dove hanno pascolato, ma intanto il padrone dimostra solo una calma indifferenza verso tutto ciò. I caprioli non c'entrano, è il suo messaggio. Se il cucciolo tutto agitato, durante i primi incontri, tenta comunque di rincorrere la selvaggina, il guinzaglio impedisce l'azione mentre noi ripetiamo un calmo "Noooo!" Per ricordare il piccolo che cosa da veramente soddisfazione, offriamogli in seguito una breve "caccia alla lepre" tramite la traccia trascinata. Attraverso tali esercizi regolari il giovane Segugio imparerà presto che il suo mondo gira intorno alla lepre, mentre i caprioli ecc. non gli danno un bel niente e quando poi, a 4-5 mesi, sarà fisicamente e mentalmente pronto per i primi veri, anche se brevi, inseguimenti, l'emanazione della lepre per lui avrà già un valore emotivo estremamente alto e gli ormoni della felicità che allagano il suo organismo in queste occasioni faranno il loro dovere. Ovviamente, il piacevole ma coerente insegnamento "lepre - sì, altra selvaggina - no!" deve continuare per l'intero primo anno di vita del cane, finché soprattutto la seconda parte della lezione è completamente assimilata. Quando ciò è ottenuto però, possiamo guardare con fiducia verso i prossimi 10, 12, forse persino 15 anni, in cui il nostro ausiliare perfezionerà al pieno i suoi talenti individuali e li userà senza mai lasciare la via della virtù. |
Cucciolona di Dunker insegue la lepre. (Foto: Per Harald Sivesind) |
La preparazione del cane da cinghiale In modo molto simile si svolge l'educazione del cucciolo destinato alla caccia al cinghiale, solo che le tracce trascinate per lui sono fatte con le zampe o un pezzo della pelle di cinghiale (tenuto sotto sale o in freezer fino all'uso). Egli impara, allo stesso modo del suo collega da lepre, che l'altra selvaggina, anche in questo caso soprattutto il seducente capriolo, non lo riguarda. Per conoscere di persona il suo selvatico prestabilito ci serve l'apposito recinto abitato da un branco di cinghiali. Questo primo contatto con la bestia nera deve essere eseguita con attenzione - e con la disponibilità del conduttore di far valutare realisticamente il suo cucciolone dall'esperto che dirige le lezioni. Secondo una ricerca fatta in Germania risulta che solo 1 cane su 5 possiede le necessarie doti innate del buon cane da cinghiale, ma che tramite l'addestramento adatto si riesce ad addestrare il 50% dei cani utilizzabile per questo tipo di caccia, indipendentemente che si tratti di un segugio o cane da cerca, un terrier, Bassotto o un cane da ferma poliedrico. |
Il Beagle trova la zampe del cinghiale alla fine della traccia trascinata. (Foto: Sabine Middelhaufe) |
Conoscere il cinghiale Nella primissima visita del recinto il cucciolone di 4-5 mese viene condotto dal suo padrone al guinzaglio al lato esterno della recinzione in modo che per qualche minuto possa sentire e vedere i cinghiali che da parte loro si avvicinano incuriositi alla rete metallica. (Vedi anche le note sul recinto d'addestramento in fondo pagina) Il collegamento fisico al suo padrone attraverso il guinzaglio dà sicurezza al cane e si desidera che da questa posizione abbai decisamente ai selvatici. Se già durante questo esercizio introduttivo non dà voce, abbassa del tutto la coda e cerca di scappare dalla presenza degli animali da lui percepiti come troppo minacciosi, nonostante la vicinanza e l'incoraggiamento del suo padrone, molto probabilmente quel soggetto non è indicato per la caccia al cinghiale. Cuccioloni che dimostrano ripetutamente insicurezza o vera paura o addirittura completo disinteresse verso le bestie dietro la rete, anche da adulti non cacceranno da soli un cinghiale e si rivelereanno essere i così detti “rimorchi” nella muta che in fondo non servono a niente. Se l'allievo invece si decide solo dopo una certa esitazione di dare voce e di avvicinarsi alla rete, viene lodato e portato via dopo 2-3 minuti. L'esercizio è da ripetere alcune volte, sempre a distanza di circa una mezz'ora, e se la sua insicurezza e la mala voglia di abbaiare ai cinghiali rimangono il comportamento dominante, anche questo cucciolone sarà un soggetto che sarà opportuno addestrare per un altro tipo di caccia. |
Segugia al primo incontro col cinghiale. (Foto: Sabine Middelhaufe) |
Il primo contatto diretto col cinghiale "Lavorare" il cinghiale |
Dachsbracke della Westfalia Cito vom Wilden Mann nel recinto. (Foto: César Kossmann) |
Lo stesso vale discorso vale, tuttavia, anche per cani che dimostrano subito un eccesso di sconsiderata aggressività, mordendo il cinghiale e mettendo quindi se stessi a rischio di gravi ferite. Un buon cane da cinghiale deve cercare con sistema e efficacia e lavorare in sicurezza il selvatico. Un cane "Kamikaze" invece è l'ultimo ausiliare che si vuole avere in muta durante la battuta. I due, tre successi che ottiene nella sua - di solito breve - vita non giustificano l'inquietudine e lo stress che si verificherà durante la caccia e la pessima influenza che potrà avere su cani giovani, per non parlare poi delle inevitabili spese veterinarie. Perciò il gestore coscienzioso del recinto interromperà subito l'allenamento di un soggetto con "aggressività suicida" verso il cinghiale. La prima cerca |
Dachsbracke della Westfalia Cito vom Wilden Mann nel recinto. (Foto: César Kossmann) |
Lavorare autonomamente Si arriva finalmente all'ultima lezione. Questa volta il conduttore sgancia il suo allievo di 8-9 mesi nel centro della grande recinzione, lo manda alla cerca e attende. Dopo un massimo di 5 minuti il cane dovrebbe aver trovato almeno uno dei cinghiali del branco presente e lavorare questo capo ad alta voce per almeno 3 minuti. Così dimostra la sua volontà e capacità di trovare da solo un cinghiale, di saper dare voce inequivocabilmente, di possedere la sicurezza di sé e il fegato di agire in maniera sensata e con successo anche senza il sostegno diretto del suo padrone. Al conduttore questa lezione, abbastanza vicina alla caccia reale, porta ad alcune informazioni fondamentali in quanto scopre la soglia dello stimolo per dare la voce del suo ausiliare e il suo stile di lavoro. Dà voce sulla traccia vecchia? Come suona la voce a vista del selvatico? Quando inizia l'abbaio a fermo? Come si comporta e come suona la sua voce quando si trova davanti un branco di cinghiali piuttosto che un solo esemplare? Ha la capacità di separare un singolo dal suo gruppo? Ha resistenza ? E' stato assimilato bene tutto ciò che ha imparato fino adesso? Il 50% degli allievi fallisce questa sfida. Gli mancano i presupposti per lavorare ininterrottamente per quei circa 8 minuti o senza l'intervento e/o la vicinanza del conduttore. In tali casi si consiglia di ripetere l'esercizio dopo qualche giorno per verificare se l'aumento di esperienza fa aumentare anche la sicurezza e voglia di caccia. Anche al cane che ha fatto bene non nuoce certamente ripetere la visita del recinto. Tanto più numerose sono le esperienze in queste condizioni controllate, più grande sarà il suo successo nella prima prova di conferma reale. Andare a caccia di cinghiale è un mestiere pericoloso che dovrebbero praticare esclusivamente i soggetti ben preparati e adatti. Mandare avanti, alla prima occasione che si offre, un cucciolone o giovane adulto acerbo con la muta "solo cosi" per vedere che succede, non è solo il colmo dell'incoscienza ma attesta anche l'assoluta irresponsabilità del conduttore verso il benessere dei cani a lui affidati. L'addestramento nel recinto dura tanti mesi e nel frattempo vale, come già spiegato per il cane da lepre, per fissare nella testa del cane da cinghiale, tramite le tracce trascinate, la convinzione che l'ebbrezza della felicità si trova solo con quel particolare odore, e dall'altra parte vale per rinforzare l'indifferenza verso altre specie selvatiche attraverso le uscite nell'ambiente naturale. L'insieme di tutti questi esercizi crea e consolida anche il legame del cane al suo conduttore senza ridurre la suo autonomia a caccia, perché in fin dei conti anche il cane da cinghiale, a fine giornata, dovrebbe sentire la voglia di ritornare dal suo padrone piuttosto che vagabondare per giorni da solo nei boschi e paesini... |
Dachsbracke della Westfalia Lea vom Kaufunger Wald è ben preparata per la caccia. (Foto: Susanne Kossmann) |
Note sul recinto d'addestramento La struttura 1) La vegetazione che si consiglia dovrebbe essere un bosco misto chiuso con una percentuale di pini e solo alcune piccole superfici aperte. La relazione ideale sarebbe 2/3 zona boscata 1/3 zona aperta. Il terreno deve disporre di una fonte naturale d'acqua. I cinghiali devono trovare sufficiente boscaglia, per evitare che si sviluppano in cosi detti "cinghiali da corsa", posti naturali (o costruiti) dove proteggersi dal caldo, dalla neve ecc., insogli, piante per grattarsi e blocchi di sale. 2) Il recinto dovrebbe avere almeno tre compartimenti. a) Una piccola zona d'allenamento per il primo contatto diretto fra il cane al guinzaglio e un cinghiale necessita solo una tale misura che permette al cane di avvicinarsi al selvatico e a quest'ultimo di ritirarsi senza problemi quando è stufo del "gioco". I cinghiali per queste lezioni devono essere adulti o quasi con un peso minimo di 30 kg e la sicurezza di sé per difendersi. b) La zona d'allenamento principale di 2 o al massimo 3 ettari di habitat naturale serve alle diverse lezioni di cerca e l'inseguimento di uno o più cinghiali dalla parte del cane e deve perciò essere abbastanza estesa. c) La terza è la zona di ritiro per i cinghiali in cui i cani non entrano mai. Questo spazio "privato" e diviso dallo spazio "pubblico" tramite una stradina. Si sono dimostrati validi superfici di 2000 - 5000 mq per capo. Se la struttura deve contenere più di un branco è necessaria un zona di ritiro per ogni branco. |
Cinghiali in un recinto. (Foto: Sabine Middelhaufe) |
I cinghiali Cane e cinghiale |
Cinghiali in un recinto. (Foto: Sabine Middelhaufe) |
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