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Dal
mondo del Bracco Italiano Il Bracco
Italiano, pur facendo parte dei cani da ferma, ha una storia
tutta sua in quanto nato in Italia sotto determinate condizioni
e per un determinato tipo di caccia. Signor Fusetti, potrebbe
raccontarci le radici del Bracco? |
Gli standard dell’epoca descrivevano le due tipologie di
bracchi pur evidenziando che le uniche differenze si trovavano
nelle misure e nei pesi. Negli anni venti si decise, non senza
critiche, di unificare la razza pur ammettendo una variabilita’ delle
predette caratteristiche abbastanza elevata, variabilita’ tuttora
espressa nello standard. E’ di questi anni l’ingresso
nel mondo braccofilo di un personaggio che ha caratterizzato la
storia della nostra razza in modo direi totale tanto da meritarsi
l’appellativo di “Papa’ del bracco”, questo
personaggio e’ il Cav. Paolo Ciceri,
questi ha saputo mantenere la razza
nei periodi storici più bui del nostro popolo per
risollevarla al termine della II Guerra Mondiale.
Uomo dalla grande cultura cinotecnica univa delle capacità indiscusse nell’allevamento, ed i suoi “dei Ronchi” lo hanno testimoniato, ad una conoscenza approfondita delle tematiche cinofilo-venatorie. A lui va riconosciuto il merito di aver operato al fine di rendere il bracco un cane di tipo mesomorfo, dalle membra asciutte, atletico e con ottime caratteristiche venatorie e tale si è conservato fino ai giorni nostri. Negli ultimi trenta anni la razza, sotto la guida della SABI, ha avuto, in termini numerici, un valore altalenante tra i 600 ed gli 800 cuccioli circa mentre è notevolmente migliorata la salute ed il rendimento atletico. La Società Specializzata ha costantemente preteso che il cane fosse verificato su selvaggina vera e che non si dividesse in due correnti una per la morfologia ed una per il lavoro ed i risultati ci hanno dato, ci danno!, ragione e l’alta percentuale dei Campioni Assoluti in relazione ai cuccioli nati riteniamo ne sia la conferma. |
La storia di una razza canina è anche espressione della storia venatoria. Se pensa agli sviluppi ed i cambiamenti nell'ambito della caccia in Italia durante gli ultimi 30 anni, ci sono paralleli nello sviluppo del Bracco, ossia, il Bracco di oggi è diverso dai suoi antenati perché anche la caccia non è più come una volta? Spesso sentiamo
dire che una razza è diversa da quello che era anni prima,
in realtà penso che questa frase sia vera solo a metà in
quanto spesso le caratteristiche che variano non sono legate
al “tipo”, a quelle caratteristiche cioè che
differenziano una razza da un’altra e ne costituiscono,
oserei dire, il “marchio di fabbrica”. Il bracco
italiano di oggi è diverso da quello di ieri? Nella morfologia
quasi, quasi, direi di no, il “tipo” si è mantenuto,
se voi guardate la foto presente sul sito della SABI (www.ilbraccoitaliano.it) scattata
al primo raduno della Società tenuto nel lontano
1949 vedrete dei cani che rappresentano la razza così come
la vogliamo adesso: teste importanti, giusti orecchi, ottime
espressioni ed un dimorfismo sessuale ben evidente. Cani che
ben figurerebbero nelle nostre manifestazioni, casomai il problema
sta nella costruzione: qualche appiombo non pare corretto, qualche
taglia forse è al limite massimo dello standard. |
La rarefazione della selvaggina presente sul territorio ha sempre
più richiesto al cane un’azione intraprendente, “staccata” dal
cacciatore anche ben al di fuori dalla portata utile del
fucile. Occorreva quindi un cane sempre
più atletico,
dotato di coraggio, di una maggiore velocità ma anche
del giusto equilibrio con potenzialità sensoriali adeguate
ed una ferma più solida. Il Bracco
Italiano è piuttosto
sconosciuto fra i cacciatori tedeschi. Potrebbe spiegarci come
prosegue il lavoro di un tipico soggetto, quali sono le particolarità dello
stile, quali sono gli aspetti che fanno di un Bracco un cane da
caccia eccellente oppure uno di minima qualità? |
Per terminare questa breve nota riportiamo un altro pezzo dello standard che da’ una descrizione generale del comportamento del cane: “Il portamento nell'assieme è nobile, imponente, vigile, ma calmo, ben eretto e lievemente proteso in avanti; il collo un po' montante e la testa ben eretta, con la canna nasale decisamente rivolta verso il basso (circa 30 gradi sotto l'orizzontale). .. omissis.. Quando poi si sente d'improvviso a ridosso del selvatico (e solo in questo caso) ferma di scatto, restandosene il più delle volte eretto, o con gli arti un po' flessi con la testa rivolta in basso verso il selvatico. Eccezionalmente s'accoscia in pose contorte” Lei conosce
molto bene anche i cani da ferma tedeschi. Secondo la sua esperienza,
che cosa differen-zia il lavoro di un bravo Bracco da quello
di un bravo Kurzhaar o Drahthaar? |
Sotto
alcuni aspetti la morfologia e il carattere
del Bracco sono unici fra
i cani da ferma. Quando una razza viene importata
all'estero però c'è sempre
la possibilità di cambiamenti per adattarla
alle condizioni del nuovo paese. Un allevatore straniero quali
caratteristiche
del Bracco dovrebbero mantenere in ogni caso e perché? Credo di aver già risposto alla domanda almeno per quan to riguarda il perché, gli standard definiscono il modello e la resa venatoria dà sufficienti garanzie circa la capacità di un cane cacciatore. Detto questo credo che le caratteristiche più importanti si devono cercare, e mantenere, si concretizzano nella dolcezza dello sguardo e nella morbidezza del movimento. Devo dire che da questo punto di vista la SABI è stata ed è esigente e non è certamente facile nel lavoro ottenere dei cani morbidi ma dalle prestazioni di livello elevato. In tante razze la divisione in allevamenti da bellezza e di lavoro hanno creato dei soggetti quasi esclusivamente per le esposizioni perdendo così tante se non tutte le doti del cane da caccia pratico. In patria il Bracco è un cane da lavoro. C'è il pericolo che all'estero abbia il destino di mutare in una razza prevalentemente da expo? E se così fosse, quali sono i primi "estraneamenti" rispetto al Bracco di origine italiana da osservare e da temere? Effettivamente il bracco è un cane da lavoro ma la Società Specializzata ha da sempre combattuto la tendenza ad avere due “razze” in funzione delle manifestazioni, expo e prove. Abbiamo sempre “voluto” dei cani belli oltre che bravi pur sapendo che il lavoro di selezione in questo modo diventava più difficile. Le nostre manifestazioni, quando possibile, prevedono un Trofeo per il cane Bello e Bravo e la percentuale dei Campioni Assoluti proclamati all’interno dell’intera popolazione della razza ci è di conforto. Il pericolo di cui lei parla sembra essere effettivamente probabile ma noi confidiamo (speriamo) che i “nuovi” proprietari siano anche cacciatori pur sapendo che non sempre è possibile. Relativamente alla seconda domanda consiglio vivamente chi volesse produrre delle cucciolate di verificare le doti venatiche della coppia, vede ormai tutti gli Enti Cinofili chiedono dei prerequisiti per i cani da mettere in riproduzione e sono requisiti che hanno a che fare con la salute del cane ed è una cosa buona, vorrei però che la stessa attenzione fosse rivolta alle caratteristiche venatorie. Il cane che si vuol far riprodurre ha “naso”? .. ferma? .. ha passione? .. dimostra una buona andatura? Queste sono le domande che come allevatore mi porrei oltre a vedere la displasia dell’anca e del gomito. |
Lasciando
il Bracco a parte per un attimo, ci sono anche altre razze italiane
che hanno trovato amatori all'estero con conseguenze non sempre
favorevoli, come ad esempio il Cirneco dell'Etna. Potrebbe approfondire
questo discorso e magari fare ancora altri esempi? |
Lei, signor Fusetti, è un braccofilo attivo da decenni e all' interno della SABI il responsabile per i contatti con l'estero. Come vede il futuro della razza fuori dall'Italia? Quali sono le sue speranze e paure per il Bracco nel mondo? Bella
domanda questa. Come vedo il futuro della razza fuori dall’Italia?
Lo vedo roseo per quanto riguarda l’aspetto quantitativo:
credo che i successi ottenuti negli ultimi anni nelle expo (solo
lì purtroppo) hanno portato una gran pubblicità alla
razza per cui, vuoi per curiosità vuoi
per altri scopi, molti si sono avvicinati a questo
cane subendone il fascino. Non così roseo vedo il futuro del
Bracco Italiano per quanto riguarda l’aspetto qualitativo. Temo
che avremo problemi relativamente alla taglia con la tendenza a portarsi
ai livelli massimi dello standard, cani che a fatica si potranno definire
mesomorfi e che un cacciatore rifiuterebbe in quanto poco utilizzabili
a caccia.
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Foto: Sabine Middelhaufe
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