Educazione & Addestramento
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L'educazione precoce del cane da ferma
L'addestramento dei cani da caccia „alla tedesca“ è spesso ammirato all'estero quando se ne vedono i risultati: il Drahthaar che reagisce energicamente al primo comando o il Weimaraner che lavora con la precisione assoluta, ma le considerazioni e gli esercizi che ci stanno dietro sono quasi sconosciuti in Italia e ancora di più il fatto che il „metodo tedesco“, oggi abituale, è relativamente giovane. |
Sopra: DK Elka von der Himmelsleiter. (Foto e allevatrice: Ingeborg Völker-Engler) |
La ricerca mirata sul comportamento canino prese inizio negli anni 50, fra l'altro negli USA, e negli anni 60, grazie a personaggi come Konrad Lorenz, Eberhard Trumler e Erik Zimen, fece dei progressi notevoli nei Paesi di lingua tedesca. Ciò che fino ad allora era stato ovvio solo agli osservatori naturalisti ora trovò la prova scientifica: il cane impara meglio quando è cucciolo!
La capacità di assimilazione del cucciolo medio comincia già a 18-19 giorni, ed i centri cerebrali continuamente in sviluppo sono pronti ad assorbire stimoli. Questo, chiaramente, non significa che si deve sovraccaricare il cucciolo con impulsi, ma solo che devono essere presenti degli stimoli di cui egli possa occuparsi, perché così si sviluppa il suo cervello, la sua intelligenza. „Ogni creatura superiore ha dei centri nel suo sistema nervoso centrale che si possono sviluppare pienamente se stimolati in tempo, ma spesso, messi in funzione anche solo pochi giorni in ritardo, porteranno solo a rendimenti mediocri o scadenti, che non possono essere del tutto corretti neanche tramite l'istruzione e l'addestramento più intenso, tanto meno tramite l'esperienza pratica che oggi, a cause delle circostanze, per la maggior parte dei cani diventa sempre più scarsa.“ (Siveke, 1974) Dalla mia ricerca con i Setter Gordon so che i cuccioli precoci iniziano ad esplorare la stanza di parto già a 13 giorni. All'età di 21 giorni un tale cucciolo, senza sollecitazioni né guida, mostra una sequenza di caccia verso un oggetto adeguato, come per esempio una pelle di selvaggina: egli dapprima registra la presenza della "preda" nel suo territorio e la fissa per un momento molto concentrato. Quindi si avvicina con una andatura lenta e strisciante fino a circa 1 metro, si arresta, fiuta, si avvicina ancora un po', con estenuante lentezza e sorprendentemente abile, infine si ferma a circa 50 cm dalla preda, abbassa la parte anteriore del corpo, fissa ancora una volta il bersaglio e salta! Con le zampe anteriori spinge subito a terra la preda mentre l'afferra velocemente con i dentini e poi corre scuotendo la sua preda per „ucciderla“. Degno di nota è anche il fatto che la madre inizia ad educare il figlio precoce già a 5 settimane. |
Cucciolata di Irish Red and White Setter. (Foto: Sylvia Hofer) |
Quando entrambi, il cane che ha conosciuto il suo ambito di lavoro nei primi mesi di vita e quello che è stato addestrato tanto più tardi con fretta e furia e metodi duri, vengono tenuti disoccupati in serraglio per due anni e poi ritornano al lavoro, il primo sa ancora esattamente cosa deve fare mentre il secondo ha dimenticato quasi del tutto la sua „educazione“...
Ma anche ciò che il cane giovane vive a livello emotivo lo influenza per tutta la vita – comprensione, affetto e un mondo di stimoli vari o trascuranza psicologica in un serraglio di cemento nudo o l'appartamento di città. Forse non è del tutto sorprendente che, al contrario dei profani proprietari di cani da caccia, i cacciatori tedeschi, molto attaccati alle loro tradizioni, fecero fatica di accettare ed includere queste nuove conoscenze nell'addestramento dei cani per l'uso venatorio. Un cacciatore e conduttore però ebbe il coraggio di dimostrare, in modo logico e passo per passo, ai suoi colleghi perché fosse tanto meglio e promettente seguire la natura e non i vecchi maestri obsoleti del addestramento„parforce“. Questo cacciatore era Wilhelm Siveke, medico, cacciatore appassionato nonché cinofilo nel miglior senso della parola. Eberhard Trumler una volta disse: „Non è colpa del patrimonio genetico che tanti cani falliscono, ma del fatto di non aver approfittato in maniera corretta dell'infanzia del cane.“ Siveke era d'accordo e mostrò che l'educazione precoce del cucciolo da caccia era la chiave al successo del futuro ausiliare. Quando, nei primi anni 70, uscì il suo libro „L'educazione precoce del cane da ferma“ fra i cacciatori era quasi considerato un eretico, oggi invece i giovani cacciatori e dresseur fanno fatica a comprendere che le cose potrebbero mai essere andate diversamente da come Siveke le descrisse, e probabilmente scrollano la testa quando leggono che ancora i loro padri tiravano il cane dal serraglio solo a 8-10 mesi per poi „ammaestrarlo“ anche con considerevole forza bruta, se necessario. |
DD Luna. (Foto: Sabine Middelhaufe) |
Ma forse il concetto dell'educazione precoce, inizialmente, fece fatica di trovare l'approvazione dei cacciatori e dresseur anche perché mette la responsabilità per il successo – sulle spalle dell'uomo piuttosto che fare, come in passato, del cane il capro espiatorio se andava male.
Come dice Siveke, l'educazione precoce significa: „...mettere al più presto possibile il cucciolo e cucciolone di fronte ai suoi futuri compiti e all'ambiente in cui vive. Significa l'osservazione attenta del cucciolo per capire in quale settore c'è a disposizione, in quel preciso momento, la sua capacità di assimilare qualcosa e di ottenere proprio lì, tramite una forza sensibile e dolce, le sue prime prestazioni, le sue prime esperienze. Significa l'impegno intenso da parte nostra per non commettere errori poiché avranno un effetto assai maggiore nel contesto dell'educazione precoce che non altrove. (...) Il primo svolgimento di un lavoro deve sempre essere fattibile correttamente per il cane, deve essere ripetuto con coerenza, perché così si imprime per sempre e diventa una sapienza permanente.“ Già queste poche parole fanno capire che l'educazione nell'infanzia, naturale per il cucciolo, richiede dall'addestratore o padrone sensibilità, pazienza, sapienza e soprattutto la prontezza di vedere il cane per ciò che è: il giovane rappresentante senziente di una specie diversa, e non un attrezzo che si può usare, se necessario con la forza fisica e gli strumenti tecnici, come mero esecutore di ordini. Però, bisogna anche eliminare un altro malinteso: l'educazione precoce non è sentimentalismo, non è fatto di coccole e biscottini, non nega la necessità che un cane da caccia svolga il suo lavoro con precisione e immediatamente quando glielo viene richiesto. |
Piccolo Münsterländer Venus. (Foto: Claudia Bögli) |
Lo scopo del vecchio metodo e dell'educazione precoce usata oggi è quindi lo stesso; la differenza abissale sta, appunto, nel „come“ ottenerlo. E quando si comincia, vale a dire già nella cuccia da parto. Se si concede al cane di crescere secondo i suoi ritmi di sviluppo dettati dalla natura, piuttosto che secondo il comodo dell'uomo, una parte non indifferente della responsabilità per il futuro di un cane sta col suo allevatore, il cui ruolo del passato come mero fornitore della materia prima „cane da caccia“ è da un bel po' stato sostituito da una funzione assai più attiva.
E' lui che dà ai cuccioli, appena i loro sensi sono pronti, la possibilità di esplorare il loro ambiente e di acquisire esperienze. Un esperienza importante è lo sparo. Cominciando al più tardi dal 15° giorno, quando gli occhi si aprono e l'udito dei piccolo si sveglia, l'allevatore spara una volta al giorno a distanza di pochi metri dalla cuccia da parto con la pistola da colpo finto. Come tanti altri rumori che ora, piano piano, penetrano nella loro coscienza, anche il suono dello sparo viene preso come qualcosa di normale che fa semplicemente parte del mondo e non spaventa per niente i cuccioli. Come dice Siveke giustamente:“ Non esiste un cane educato precocemente che sia sensibile allo sparo o addirittura pauroso.“ Ma quanti cani sono già stati rivenduti perché, da cuccioloni, alla prima esperienze dello sparo hanno reagito con timore o sono persino scappati? Eppure, l'allevatore avrebbe potuto evitare tanto facilmente questo problema cosi grave per un futuro cane da caccia... Per citare ancora Siveke: „ Stolto è l'acquirente che si porta via un cucciolo davanti a cui non è ancora stato sparato e che non è assolutamente calmo al suono del colpo.“ |
Paul, Weimaraner a pelo lungo. (Foto: Heike Wedeking-Schöhl) |
Un'altra esperienza importante che l'allevatore deve ancora procurare ai cuccioli è il primo incontro con la selvaggina abbattuta. Nella 5° settimana di vita, quando la cucciolata si muove ormai sicura nel giardino o sul loro „campo da gioco“, gli presenta quindi la loro prima gazza (appena abbattuta oppure presa dal freezer per l'occasione). Ad un'estremità di una corda lunga 2-3 m viene fissato l'uccello mentre l'altra si lega ad un bastone (o una vecchia canna da pesca). Facendo „saltellare“ e „scappare“ l'uccello per mezzo della canna l'allevatore istiga i piccoli a inseguire la preda, e di più veloce egli fa „volare“ la gazza in un ampio cerchio intorno a se, i cuccioli più zelanti e decisi le devono correre dietro. Non prima della fine del gioco l'allevatore consente al cucciolo più risoluto di acchiappare l'uccello per poi tirare, tramite la corda, il piccolo con la sua preda in bocca dolcemente verso di se. Perché, dopo alcune ripetizioni, anche questo fatto si fisserà per sempre nella testolina del cucciolo: la preda appartiene sempre al padrone e a lui bisogna portarla. |
Bracco Italiano Minerva dell'Oltrepò (4 mesi) riporta la cornacchia. (Foto: Dieter Berger) |
Ma naturalmente la „caccia-gioco“ qui descritta permette all'allevatore esperto della razza anche una prima valutazione delle doti naturali dei suoi cuccioli: ci sono nella cucciolata dei soggetti estremamente precoci o tardivi? C'è magari uno che fa il duro e un altro che sembra molto sensibile? I cuccioli hanno l'istinto da preda? Stamina? Passione? Abbastanza resistenza?
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